1. La rivoluzione non è
necessariamente proletaria e comunista in quanto si propone e ottiene di
rovesciare il governo politico dello Stato borghese;
2. non è proletaria e comunista
neppure in quanto si propone e ottiene di annientare gli istituti
rappresentativi e la macchina amministrativa attraverso cui il governo centrale
esercita il potere politico della borghesia;
esercita il potere politico della borghesia;
3. non è proletaria e comunista
anche se l’ondata dell’insurrezione popolare dà il potere in mano a uomini che
si dicono (e sono sinceramente) comunisti.
La rivoluzione è proletaria e
comunista solo in quanto essa è liberazione di forze produttive proletarie e
comuniste che erano venute elaborandosi nel seno stesso della società dominata
dalla classe capitalista, è proletaria e comunista nella misura in cui riesce a
favorire e promuovere l’espansione e la sistemazione di forze proletarie e
comuniste capaci di iniziare il lavoro paziente e metodico necessario per
costruire un nuovo ordine sulla base del quale sia resa impossibile l’esistenza
della società divisa in classi e il cui sviluppo sistematico tenda perciò a coincidere
con un processo di esaurimento del potere di Stato, con un dissolversi
sistematico dell’organizzazione politica di difesa della classe proletaria che
si dissolve come classe per diventare l’umanità.
(Non firmato ma attribuito a Gramsci, tratto da “L’Ordine
Nuovo”, 3 luglio 1920, II, n. 8)